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Rete Carburanti
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I carburanti tra “cartello” e “cartellone”

Le conclusioni dell'ennesima indagine Antitrust

Quando il prossimo primo agosto scoppieranno le polemiche sul “cartellone” con il prezzo medio regionale sui punti vendita carburanti, bisognerà tenere a portata di mano le conclusioni dell'indagine sui prezzi dei carburanti pubblicate oggi dall'Antitrust. Conclusioni che spazzano via illazioni, sospetti, accuse su uno dei settori economici più liberalizzati e trasparenti e – al contempo – più accusato negli anni (e anche di recente) di speculazioni di ogni sorta: la distribuzione carburanti.

L'indagine era nata proprio dall'ultima recrudescenza, ovvero la folle polemica sui prezzi scatenatasi all'inizio dell'anno per via del ritorno all'aliquota piena dell'accisa su benzina e gasolio. Tra le reazioni a quell'improvvisa quanto infondata polemica ci fu proprio l'avvio dell'indagine conoscitiva da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. L'ennesima, verrebbe da dire, visti gli illustri e non proprio fortunati precedenti – nel 1996, nel 2001, nel 2012.

In un centinaio di pagine di dati, analisi e ragionamenti, l'Antitrust prende in considerazione “l'intera filiera petrolifera, dunque analizzando anche le fasi più a monte caratterizzate da dinamiche internazionali”, oltre a illustrare i risultati di un sondaggio condotto su un campione di oltre 2.000 acquirenti abituali di carburanti per i propri automezzi, che ha consentito “di ottenere una fotografia aggiornata delle abitudini di consumo”. Infine, l'Indagine “ha consentito di soffermarsi sulle inedite dinamiche che interessano il settore petrolifero nell'ambito della transizione energetica in corso”.

Vale la pena riportare ampi stralci delle conclusioni. Quanto alle tensioni di prezzo registrate dal 2022 in avanti, “sono da ricondursi in via preminente a eventi eccezionali di tipo internazionale, rispetto ai quali la possibilità di efficaci interventi antitrust è giuridicamente difficile da configurare, tantomeno a livello nazionale”. Sui prezzi in Italia “hanno influito in modo significativo anche interventi regolatori eccezionali”, come il taglio delle accise, mentre sui margini lordi, “a livello aggregato è emerso un significativo aumento della loro variabilità”.

La rete distributiva nazionale, scrive ancora l'Antitrust, “pur a fronte di una certa riqualificazione, continua ad essere caratterizzata da un erogato medio più basso rispetto agli altri principali Stati dell'UE, e si riscontrano al suo interno opacità operative che avrebbero agevolato la diffusione di fenomeni di evasione fiscale e corruzione, rilevati dalle istituzioni competenti”. L'Autorità sottolinea che sarebbe opportuno “attuare una serie di disposizioni e implementare strumenti relativi all'organizzazione del sistema petrolifero nazionale nel suo complesso, incluso il raccordo delle banche-dati su flussi di prodotti e impianti di distribuzione gestite da una serie di enti pubblici”, la famosa “interoperabilità” su cui è al lavoro il Mimit.

Quanto alla rete autostradale, “sono emerse criticità in relazione all'attuale modello concessorio, segnatamente le royalty applicate e gli oneri di servizio richiesti ai sub-concessionari”, condizioni che “tanto più a fronte del trend di diminuzione dei consumi, sono suscettibili di influire sull'efficienza dei servizi e sui prezzi praticati ai consumatori, nonché sulla stessa sostenibilità economica per gli operatori”.

Quanto alla trasparenza dei prezzi, su cui il governo è intervenuto addirittura con un decreto-legge a inizio anno, l'Antitrust scrive che il sito internet Osservaprezzi potrebbe essere migliorato per consentire un maggior utilizzo ma che misure come il cartello con il prezzo medio “non risultano di particolare utilità per i consumatori oltre a prestarsi ad un potenziale utilizzo da parte delle imprese come prezzo focale, in possibile pregiudizio per la concorrenza”.

Le colonnine di ricarica, si legge ancora, possono essere una “importante opportunità di conversione degli impianti di distribuzione di carburanti attualmente esistenti”.

Infine, l'Antitrust si esprime anche sull'upstream. Oltre a sottolineare che a monte del mercato petrolifero mondiale c'è un cartello (l'Opec) che sfugge per definizione alle dinamiche concorrenziali, e che l'anello immediatamente inferiore della filiera, quello dei benchmark internazionali dei prodotti petroliferi e in particolare del Platts, sono “esposti a rischi di opacità”, un intervento l'Autorità lo suggerisce sull'assetto della produzione nazionale di gas e petrolio: “potrebbe essere utile approfondire le condizioni concessorie e le modalità di estrazione di rendita pubblica (royalty e tassazioni), in una prospettiva di migliore tutela delle condizioni concorrenziali e di disponibilità di risorse che, in modo particolare in circostanze specifiche quali tensioni eccezionali dei prezzi, potrebbero anche essere impiegabili a beneficio dei consumatori dei prodotti raffinati derivati”.

Vale infine la pena riportare due osservazioni presenti nel documento. La prima riguarda gli “stacchi Italia”: rispetto al resto dell'UE, scrive l'Antitrust, “l'Italia è tra i Paesi in cui i prezzi al dettaglio di benzina e gasolio sono più alti: ciò è dovuto all'incidenza della componente fiscale, più elevata rispetto alla media europea. Di converso, la componente del prezzo industriale è tra le più basse all'interno dell'UE, come dimostra l'andamento del c.d. “stacco” (differenza tra prezzo netto in Italia e nell'area UE) che mostra valori tendenzialmente negativi nel periodo di analisi. Si ricava da tale andamento – conclude l'analisi – che gli shock di prezzo avvenuti nelle fasi più propriamente internazionali della filiera petrolifera, a partire dal 2022, sono stati ben assorbiti nel contesto nazionale rispetto a quanto osservabile nel resto del continente europeo”.

Insomma, come è chiaro a chiunque conosca minimamente il settore, nella distribuzione carburanti non c'è alcun cartello. Purtroppo, dal primo agosto, ci sarà il “cartellone”. Ma magari sarà un fenomeno passeggero, che se ne andrà con l'estate.



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