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Emergenza e rifiuti, discariche a rischio esaurimento

A colloquio con Guglielmo Maio, direttore operativo del Gruppo Maio

Guglielmo Maio
Guglielmo Maio

Le ultime indicazioni del ministero dell'Ambiente, Snpa e Regioni per gestire questa delicata fase di emergenza prevedono anche il ricorso a un uso maggiore delle discariche per sostenere la filiera, sotto pressione per diversi fattori di stress. Ne abbiamo parlato con Guglielmo Maio, direttore operativo del Gruppo Maio, che ha all'attivo alcune discariche per rifiuti speciali, la Ecofer nel Lazio, Bleu di Minervino Murge in Puglia e una terza in Sicilia, oltre a un impianto di selezione e trattamento in Campania. “Di solito si ragiona in termini di alternativa: differenziata, inceneritore o discarica. Oggi sembra emergere che si tratta di una strategia integrata, passaggi complementari che devono essere inquadrati in un'ottica di filiera perché il sistema possa reggere”, dice Maio alla Staffetta.

Come sta impattando l'emergenza Covid-19 sul vostro lavoro e sui vostri impianti?

Per il momento non stiamo subendo molto gli effetti della crisi, anche perché lavoriamo su flussi programmati da febbraio e le richieste sono ancora costanti. Stanno leggermente diminuendo per l'impianto di trattamento in provincia di Caserta, perché molte attività produttive sono chiuse, mentre registriamo una maggiore necessità di smaltire i fanghi di depurazione. Nel tempo ci aspettiamo un rallentamento della produzione di rifiuti speciali, e quindi anche la riduzione dei conferimenti, ma al momento abbiamo rispettato tutti i programmi sia con le discariche sia con gli impianti di stoccaggio e trattamento. Siamo consapevoli che il nostro è un segmento particolare, essendo l'ultimo anello della catena l'impatto non si riscontra nell'immediato ma in un secondo momento. L'abbiamo già vissuto con la crisi del 2009, in quell'occasione gli effetti si sono fatti sentire dopo qualche anno.

La prospettiva di una diminuzione dei flussi di rifiuti speciali vi preoccupa?

Abbiamo una quantità di domanda tale che il 70% delle richieste, in momenti normali, viene lasciata fuori e al momento reggiamo all'urto. Nel momento in cui le produzioni industriali di rifiuti speciali dovessero diminuire, e prima o poi diminuiranno, dipenderà da quanto tempo dura. Se dovessimo subire l'onda lunga di queste chiusure potremo aumentare i flussi dei rifiuti urbani, che sono sempre tanti. Così dovremmo riuscire a sopperire a questo problema.

Da parte di alcune Regioni è arrivata la richiesta di inviare rifiuti urbani nei vostri impianti?

Assolutamente sì, ma questa è una richiesta costante anche in periodi normali. L'Amiu Puglia ci ha chiesto di intervenire ancora più massicciamente sull'emergenza pugliese con la nostra discarica di Minervino Murge. Noi abbiamo un tonnellaggio smaltibile annualmente di 100mila tonnellate/anno. Questa è la prescrizione autorizzativa. Se la richiesta è accettare un carico maggiore oggi, senza variare la volumetria autorizzata, la discarica si esaurisce prima. Farsi autorizzare un ampliamento, attualmente, è un processo lunghissimo, un problema che ci ritroveremmo ad affrontare da soli come operatori domani.

Sull'aumento delle capacità le Regioni stanno intervenendo con provvedimenti autonomi, sulla base della circolare inviata dal ministero dell'Ambiente. Non è sufficiente?

Il problema è che gli spazi degli impianti sono quelli autorizzati e la circolare del ministero fa riferimento alla possibilità di aumentare temporaneamente la capacità annua di stoccaggio e quella istantanea. Le discariche hanno una certa volumetria: se questa capacità si esaurisce prima, quanto tempo bisognerà poi aspettare per ottenere un ampliamento volumetrico? Diverso è per un impianto di stoccaggio, che ha tutta la possibilità di aumentare temporaneamente la capacità produttiva e poi tornare a un regime ordinario senza soffrirne. Una discarica invece ha un ciclo di vita predefinito. Dal punto di vista dei gestori questa possibilità ha due risvolti: è vero che avremmo un flusso maggiore oggi per qualche mese, però avremmo anche un esaurimento più veloce della volumetria totale in discarica, alterando significativamente la programmazione industriale.

Come si rimedia a questa conseguenza?

Sarebbe opportuno che contestualmente, approfittando di questa emergenza e volgendola al positivo, sia data anche l'opportunità di ampliare le volumetrie, almeno sburocratizzando le procedure. I nostri impianti potrebbero così fornire un servizio di pubblica utilità per fare fronte al periodo dell'emergenza e poi avere la certezza di poter riprogrammare il ciclo di vita in ragione del supporto fornito. La circolare mette nello stesso calderone impianti che hanno natura diversa: un impianto di stoccaggio è cosa totalmente altra da una discarica.

L'invio di rifiuti urbani legati all'emergenza non è comunque un'opportunità per i vostri impianti?

Gli impianti che chiudono il ciclo sono strategici, sia per il sistema Italia in generale sia oggi, in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando, e lo dimostra l'aumento dei conferimenti proposto nelle disposizioni di regioni e ministero. In Italia manca una rete adeguata di smaltimento pubblico e per fare fronte al fabbisogno ci si rivolge ai privati, come sta succedendo per esempio in Puglia, dove ci chiedono di accettare anche rifiuti urbani. Noi lo facciamo ben volentieri anche se, avendo sottoscritto degli accordi di programma, sono pagati un terzo in meno rispetto a quello che è il valore di mercato. Smaltiamo i rifiuti conferiti da Amiu a 100 euro a tonnellata, mentre sul mercato il prezzo è circa 155 euro a tonnellata. È evidente che se ci mettiamo al servizio dell'emergenza pugliese dobbiamo rinunciare ad altro, perché la coperta è corta. Stiamo ponderando bene la situazione.