Il 27 ottobre è caduto il 62° anniversario della morte di Enrico Mattei in un attentato nei cieli di Bascapé. Come sempre quando viene ricordato, anche in questi giorni di lui è rievocata la ferrea determinazione con cui cercò energia a basso costo per sostenere lo sviluppo economico dell'Italia, che usciva dalle rovine della guerra e di un ventennio di dittatura. In gran parte riuscendoci, come mostra la crescita di quegli anni resa possibile anche dal carburante fornito dall'Eni. Cosa è rimasto oggi, nell'industria energetica italiana in generale, di quella missione che spingeva il fondatore del Cane a sei zampe a competere al ribasso con player nazionali ed esteri sui prezzi di energia, fertilizzanti, prodotti chimici? Non molto e per la verità non da oggi. Viene da pensarlo anche stamani, con molti quotidiani che riprendono la classifica di Mediobanca sulle imprese italiane, un classico del giornalismo economico (tra non molto anch'essa compirà 60 anni). Come già da tempo, anche nell'edizione 2024 nel gruppo di testa per fatturato e/o utili non troviamo industrie manifatturiere o dei servizi (avanzati o meno), ma piuttosto energetici e banche. I nostri campioni nazionali, in altre parole, sono fornitori non di beni o servizi ma di precondizioni, fattori abilitanti per lo sviluppo dell'economia reale. Economia, però, che nel frattempo langue, non solo ma anche per gli elevati prezzi dell'energia. A riprova che una connessione "matteiana" tra i due mondi è oggi un ricordo del passato.