Una vera e propria maratona sull’Ets, sul passaggio non banale dalla “fase 1” delle centrali e della grande industria, alla “fase 2” con il coinvolgimento dei cittadini/consumatori attraverso l’inclusione di riscaldamento e trasporto stradale. Con almeno un paio di spunti interessanti: l’esclusione del termoelettrico dall’Ets1 non è più un tabu; l’impatto dell’allargamento non sarà banale e andrà gestito con estrema attenzione. Nel mezzo, un intervento particolarmente vivace del presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, che ha avuto un’insolita eco sui social della Staffetta (v. Staffetta 06/12). Ma andiamo con ordine.
Massimo Ricci, direttore della divisione energia di Arera, ha esordito: parliamo di Ets “perché il tema della sostenibilità economica è sempre più rilevante”, con “un mercato del gas a prezzi alti”, “una situazione di difficoltà economica e di pressione competitiva su aziende e consumatori” e una necessità di investimenti “molto importante, non solo sulla riqualificazione degli impianti ma anche sulle reti”. Un tema di sostenibilità economica “molto più importante di quanto l'avessimo in testa 15 o 20 anni fa quando l'Ets è stato è stato introdotto. E l'Ets è uno strumento che sposta molti, molti soldi”.
L'effetto sul prezzo della energia elettrica, ha proseguito, è di “20-25 euro al kWh” ma il prezzo marginale “si applica a tutte le fonti e ci sono un po' di fonti che beneficiano dell’Ets nel prezzo senza doverne sostenere il costo”. E “ci sono tutta una serie di incentivi a premio sul prezzo di mercato” che beneficiano dell’Ets. L’Ets, ha aggiunto, “è stato pensato per favorire gli investimenti nelle rinnovabili” ma il sostegno alle rinnovabili ormai viene “da strumenti diversi” ed è difficile dire che l’Ets “ha avuto un impatto positivo sugli investimenti perché ci sono molti altri strumenti che sono che sono stati introdotti”. Ricci ha quindi citato ad esempio di un possibile intervento il meccanismo introdotto da Arera per scorporare dal prezzo all’ingrosso del gas alcune voci specifiche come quelle per l’incentivazione dell’efficienza energetica.
L’energia prodotta da impianti per i quali l’Ets è di fatto una rendita non è neanche poca: “sono circa 70 TWh”, ha detto Ricci, ai quali ne vanno aggiunti altri 20 che importiamo. Sono quindi “circa 90 TWh”, il che vuol dire circa “900 milioni di spostamento di rendita” verso soggetti che non ne hanno bisogno per investire, o perché gli impianti sono stati realizzati prima o perché hanno altri strumenti che coprono l’Ets. “Abbiamo bisogno – ha concluso Ricci – che tutti i soldi che chiediamo ai consumatori vadano a sostenere gli investimenti che ci servono”.
Alessandro Noce, direttore generale mercati e infrastrutture energetiche del Mase, ha detto: “Come ministero stiamo cominciando una serie di attività sulla revisione delle direttive Ets. Il tema dell'Ets al termoelettrico non è più un tabù, è un tema sul tavolo” e “l'Italia, nella trattativa sulla legge clima 2040, nelle condizionalità ha posto il tema dell’Ets termoelettrico”. Ma, ha aggiunto, “se si restringe la platea dell'Ets, bisognerà trovare a livello comunitario e nazionale altri fondi per la decarbonizzazione”.
Quanto all’inclusione dei termovalorizzatori, “noi abbiamo avuto una posizione chiaramente finalizzata a escludere l'ingresso di questa tipologia di attività a valle della verifica che a luglio 2026 la commissione farà dell’Ets”.
Sul marittimo, “quello che stiamo facendo anche con il Comitato è di cercare di rendere quanto più parlanti queste normative, cioè fare in modo che gli obblighi si parlino”.
Infine, sul fondo per la compensazione degli oneri indiretti Ets, “questo è il primo anno in cui noi pagheremo un fondo di 600 milioni di euro – e anche qui c'è un tema di disparità fra paesi e di capacità fiscale perché altri paesi hanno dei fondi molto più ricchi del nostro. Proprio oggi (giovedì scorso, ndr) chiuderà il bando dell'Acquirente Unico per la richiesta delle compensazioni 2025, a breve AU ci comunicherà la lista dei beneficiari e noi procederemo al pagamento. È chiaro che è un meccanismo di compensazione parziale”.
Maria Siclari di Ispra ha ricordato, con riferimento all’Ets1, che “l'Italia è in grado di rispettare” gli obiettivi, mentre sui settori Effort sharing (trasporto, residenziale, rifiuti, agricoltura, industria che non ricade nell'Ets1) “l'Italia è lontana” dall'obiettivo di riduzione delle emissioni del 43,7% rispetto al 2005: “non ha rispettato nessuno dei limiti massimi stabiliti dal 2021 ad oggi e non sarà in grado di rispettare neanche quelli al 2030”. In questo senso “il sistema Ets2 può dare un contributo”. Poi c'è il terzo ambito, quello delle missioni sull'uso del suolo (Lulucf) e “anche qui siamo lontano rispetto all’obiettivo: se non rivediamo il meccanismo di calcolo degli assorbimenti di carbonio, è un po' difficile che l’Italia possa raggiungere l’obiettivo”.
Mauro Mallone, presidente del Comitato Ets del Mase, ha detto invece che “l'Italia sta facendo la sua parte nella decarbonizzazione dell'economia. Se oggi un'impresa ha un impianto da 19,5 MW è fuori dall’Ets e non paga le quote di emissioni ma se ne ha uno da 21 MW deve pagare le quote di emissioni. Con l'introduzione del meccanismo Ets2 quantomeno si elimina questa distorsione”, ha detto. Il problema è il livello dei prezzi. Il meccanismo Ets è presente in una sessantina di paesi, “ma in California, in Canada, il prezzo della quota di CO2 è di 20-30 euro, in Cina di 5 euro. La domanda che ci dobbiamo fare è dobbiamo governare il prezzo della CO2”.
Secondo Guido Bortoni, vice presidente di Elettricità Futura, il sistema Ets è stato concepito “per mettere in concorrenza le diverse tecnologie e creare una sorta di piano inclinato che chiamiamo una natura concorrenza sleale tra le tecnologie fossili e le tecnologie pulite e le tecnologie nucleari. Questo sistema risente di un approccio miope per quanto riguarda la competitività dell'offerta europea e anche all'interno dell'Europa di beni e servizi compresa l'energia. Cioè, hanno immaginato questo sistema votato alla decarbonizzazione ma non hanno gettato lo sguardo dalle parti della competitività. E quindi oggi l’Ets fa vedere la corda, fa vedere tutta la miopia con cui è stato definito. Soprattutto perché nell'energia convive con tutta una serie di politiche dirette selettive sulle rinnovabili”. Per l’ex presidente Arera, dobbiamo evitare che l’Ets “diventi una vera e propria tassa improduttiva di effetti sulle emissioni ma tossica dal punto di vista della competitività dell'energia e dell'economia”. Ma per ripensare l'Ets bisognerà aspettare qualche anno. Elettricità Futura “ha una proposta per cercare di alleviare questo balzello sull'energia elettrica, coniugando la necessità di nuovi investimenti in fonti rinnovabili e quando arriverà il nucleare con la possibilità di eludere questi 30 euro/MWh sul prezzo dell'energia. Passare a una contrattazione di lungo termine”.
Aldo Chiarini è intervenuto per Gas Intensive, consorzio che raccoglie alcune imprese gasivore. “Le attuali tecnologie – ha detto – non consentono di raggiungere gli obiettivi che sono stati fissati. In questa situazione i costi della CO2 rappresentano una vera e propria carbon tax. E l'Europa è il posto per cui il gas costa di più al mondo, mentre l'Italia è il posto in cui costa di più in Europa”. A fronte di ciò, “si sono fatti investimenti nelle migliori tecnologie ma i limiti sono stati raggiunti. In linea teorica – è la proposta – la cosa migliore sarebbe sospendere l'Ets e ridisegnare tutto, però ci rendiamo conto che questo richiede tempi importanti. Ma sicuramente pensiamo che si debba smettere di ridurre le quote ogni anno. Un altro intervento potrebbe essere quello di semplificare le procedure per le Pmi e di estendere la soglia di accesso alle 25.000 e 50.000 tonnellate”.
Secondo Stefano Gallini, presidente di Federbeton, “il mercato è invaso dalle importazioni che vengono soprattutto dal Nord Africa e dalla Turchia. Il Cbam a noi servirebbe perché perlomeno compenserebbe un pochino gli investimenti di Capex e Opex che l'industria italiana deve sostenere. L'importante è che sia ben disegnato. Il problema è che partirà il primo di gennaio e le incertezze sono ancora molto più delle certezze”.
Marta Bucci, dg Proxigas, si è chiesta “che cosa può fare il consumatore che oggi utilizza una tecnologia alimentata a gas e per decarbonizzare i propri consumi. Oggi – ha proseguito – abbiamo poco meno di 20 milioni di caldaie, il 70% delle nostre abitazioni utilizza il gas per riscaldamento. Il settore finora ha utilizzato il Superbonus per incentivare il passaggio a tecnologie più virtuose. Ma non vediamo nei consumi dei fenomeni di switch di significativa entità. Non c'è un percorso di elettrificazione dei consumi residenziali in atto. Ci siamo chiesti il perché di questo, nonostante il Superbonus. Se consideriamo che abbiamo circa 16 milioni e mezzo di edifici in classe F e G, le classi peggiori, quelli su cui dovremmo intervenire per la direttiva Casa Green, di questi, tecnicamente, meno di 6 milioni possono ospitare una pompa di calore; se guardiamo agli elementi economici, cioè al reddito del proprietario, arriviamo a meno di 2 milioni, quindi la potenzialità efficacia dell’Ets2 è meno di 2 milioni rispetto ai 20 milioni, pari a un 10%. Dopodiché questi consumatori dobbiamo convincerli a passare a un'altra tecnologia. La domanda è: l'Ets2 può essere uno strumento convincente?”.
Per Luca Sisto di Confitarma, “la transizione è una sfida per la sopravvivenza economica” per un settore “che trasporta il 90% delle merci di mondo. Noi paghiamo per un comportamento non virtuoso, quello di bruciare i combustibili fossili, che non possiamo non tenere. Non possiamo farne a meno”. La richiesta è di introdurre “incentivi per l'aggiornamento della flotta e per gli investimenti nelle infrastrutture portuali”.
Giovanni Consoli, vice segretario generale Assarmatori, ha ricordato che l’Italia ha “la più grande flotta mondiale di traghetti”, che l'armamento dal 2024 paga l'Ets con un impatto di circa 400 milioni di euro, di cui “dovrebbe ritornare all'armamento almeno il 20%, che potrebbe essere utilizzato per calmierare il differenziale di costo per l'acquisto dei carburanti alternativi. Nel caso delle navi – ha aggiunto – si è parlato di elettricità, di idrogeno. Ma voi pensate una nave a idrogeno nei nostri porti che sono incasellati nelle città storiche della Repubblica… È praticamente impossibile. Per aviazione e settore marittimo sono necessari circa 20 milioni di tonnellate di biocarburanti entro il 2030. Questo significa 100 miliardi di investimenti che dovranno essere di supporto agli industriali che producono biocarburanti”, ha concluso.
Dario Soria, direttore generale di Assocostieri, ha sottolineato l’andamento negativo dei consumi nel bunkeraggio italiano, al contrario ad esempio della Spagna: “chiuderemo il tendenziale del 2025 con un -14%, che è un tonfo, anche per via dell'Ets, della concorrenza della sponda sud del Mediterraneo. Se vogliamo recuperare la nostra competitività – ha aggiunto – dobbiamo essere in condizione di fornire biocarburante agli armatori, soprattutto bio-Gnl. Serve cambiare il decreto sulle garanzie di origine e l’articolo 15 della Red III sull'obbligo del 29%: mettiamo anche noi un obbligo zero, come altri Paesi europei”, ha suggerito Soria.
Secondo Marcello di Caterina di Alis “questo sistema di tassazione è sbagliato. Noi associazioni dobbiamo fare un lavoro di sintesi importante, perché dobbiamo dare le informazioni alla politica”.
È poi intervenuto il ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, secondo cui “l’Ets è stato uno stimolo rilevante per il cambiamento. Sull’Ets 2 – ha aggiunto – dobbiamo stare attenti a non cadere in quelli che Draghi ha denunciato come autogol”.
Francesca Gostinelli di Enel Commercial ha parlato della governance dell’Ets: “serve una programmazione temporale, con coordinamento delle normative parallele e ottimizzazione dei meccanismi di supporto. Il Fondo sociale per il clima – ha aggiunto – è importante e l’indirizzo dato è la strada giusta. I fondi devono essere messi a disposizione per l’accesso a tecnologie di decarbonizzazione per fare in modo che la pressione sul prezzo della CO2 scenda. E poi serve chiarezza sulle tecnologie, ne abbiamo tante, serve una visione pragmatica: scegliere tecnologie che minimizzino i costi e massimizzino altri benefici, circolarità, indipendenza, efficienza, qualità dell’aria. E la consapevolezza di come e quanto si consuma è un’altra leva per cercare di diminuire la pressione”.
Stefano Goberti, a.d. di Eni Plenitude, ha fatto un po’ di conti: “con l’Ets2 che entrerà in vigore nel 2028, per una famiglia media (consumo di gas 1.100 mc/anno) che oggi paga 1.150 euro l’anno, la bolletta aumenterà di 120 euro. La componente gas è solo 480 euro. Se quella stessa famiglia usasse oggi una pompa di calore, la fattura sarebbe di 100 euro più bassa già oggi. Ma la caldaia nuova a gas costa 1.500-2.000 euro, la pompa di calore ne costa da 7.000 a 10.000, quindi è difficile. Allora dobbiamo usare i soldi che vengono raccolti con l'Ets2 per aiutare questa decisione. Sono 20 milioni di caldaie, 20 milioni di famiglie dovranno affrontare questo tema. Di questi, 1,7 milioni sono vulnerabili e quindi dovranno essere aiutati ancora prima di prendere la decisione se cambiare la caldaia, e i fondi in parte dovranno essere dedicati a questo. Ma poi ci sono vincoli che rendono molto complicato il passaggio alla pompa di calore”.
Massimo Bello, responsabile energia di Poste, si è detto “preoccupato” da questa misura “perché dobbiamo pensare che c'è anche un impatto sui carburanti, un impatto per famiglia che di fatto annulla il beneficio del bonus sociale. Nel settore del gas e dell'energia, in più, i contratti hanno una durata di 12-24 mesi, quindi abbiamo il problema di aver sottoscritto dei contratti che entravano nella fase di Ets2 senza sapere come gestirlo. Ricordiamo – ha aggiunto – che nel mezzo ci sono i fornitori di energia che devono trovare il modo di trasferire questo onere. Immaginiamo il fatto che diversi fornitori possono avere diversi costi per l’Ets2, a seconda di come comprano le quote. Qualcuno può decidere di aumentare il prezzo del gas, qualcun altro di introdurre un onere in bolletta; sarebbe molto più sensato che ci fosse un coordinamento per definire le modalità di applicazione di questo onere. Altrimenti ci troviamo tra un anno a gestire una valanga di variazioni unilaterali delle condizioni contrattuali. Pensiamo a una campagna informativa”. In più, “sarebbe molto interessante potere, almeno per una parte, adempiere agli obblighi Ets2 anche con i crediti volontari che costano 5 euro la tonnellata”.
Secondo Marco Bernardi, presidente di Illumia, “immaginare che un aumento pur sostanziale dei prezzi di 100-200 sia sufficiente per incentivare una riduzione dei consumi e una capacità di investimento tra i 7 e i 10.000 euro per una pompa di calore, è abbastanza irrealistico. Nel 2022 i prezzi sono aumentati 10 volte, quindi più di 100 euro all'anno e, sì, ci sono state delle riduzioni dei consumi, ma gli investimenti in elettrificazione sono stati quasi nulli o molto bassi. L'investimento iniziale è alto e questa sostenibilità è una roba da ricchi, questa è la verità”.
Gabriele Di Cinto, amministratore delegato di Acea Ambiente, ha ricordato che l'inclusione dei termovalorizzatori nell’Ets si discuterà nel 2026 per un'applicazione a partire dal 2028. Ma “è proprio una contraddizione interna, perché il termovalorizzatore non può pensare alla transizione energetica, in quanto esiste per valorizzare un tipo di rifiuto non altrimenti riciclabile. Il termovalorizzatore è una componente essenziale per gestire il ciclo dei rifiuti. Quindi paradossalmente l'Ets va nella direzione di penalizzare la produzione di energia a partire dal rifiuto non riciclabile a favore del conferimento di discarica. E tecnologie di cattura della CO2 ancora non sono sostenibili”. Per questo “bisogna agire in maniera decisa a livello europeo per escludere rimandarla almeno di 10 anni”.
Per Matteo Cimenti, presidente di Assogasliquidi, “noi oggi dobbiamo pretendere che i ricavi dell’Ets vengano restituiti ai mercati che li hanno generati”. E qui “c’è un problema italiano. Il fatto che le somme non tornano nei settori è una struttura che va evidentemente corretta”, ha detto riferendosi alla quota dei proventi che finiscono nelle casse dello Stato. “Dobbiamo uscire dal duplice massimalismo, ogni industria vuole avere tutto, nessuno di noi può avere tutto in questo mercato”.
Pasquale Russo, presidente di Conftrasporto, ha ricordato lo studio condotto con il Most sull’impatto della misura, sottolineando alcune conseguenze paradossali delle politiche climatiche: “per la prima volta nel 2025, in corrispondenza dell'introduzione dell'Ets, c'è stato un calo dei camion trasportati attraverso le Autostrade del mare. Abbiamo ottenuto l'effetto completamente opposto. E una riduzione dei volumi porta un aumento dei noli”. Effetti paradossali anche sulla competitività dei porti: “scalare un contenitore in porto a sud del Mediterraneo, in Africa, costa 500 euro in meno, per effetto dell'Ets. Ora non so se voi avete presente quante sono le migliaia di contenitori che viaggiano su una nave e quanto costa in più una nave”.
Gianni Murano, presidente di Unem, ha ricordato che “l'Ets nasce quando i costi di energia erano molto più bassi, e voleva cercare di compensare costi particolarmente bassi per stimolare l'energia rinnovabile. Ora, nonostante i costi dell’energia siano sensibilmente aumentati dopo il 2022, il costo dell'Ets non è per nulla diminuito, anzi, è aumentato. L'impatto dell’Ets2 sul nostro settore al 2030 è pari a un costo al litro di 0,20 euro. E ricordo che i gilet gialli hanno ribaltato tutto per 3 centesimi al litro. Il consumatore medio italiano consuma 1.000 di litri di carburante l'anno, quindi sono 200 euro. Sono quindi 200 per i carburanti, 150-180 per l'energia elettrica”. In più, sui biocarburanti “c'è la normativa europea che da un lato cerca di spingerli su quello che non può essere elettrificato, ovvero il marina e l’aviazione” ma poi vieta i motori a combustione al 235. “Per sviluppare il biocarburante con costo economicamente accettabile, dobbiamo avere la possibilità di sviluppare tutte le tecnologie per i biocarburanti e lasciare poi che sia il mercato a scegliere qual è il prodotto migliore. Quello che serve è la libertà tecnologica, cioè di avere la possibilità di lavorare su tutti i fronti tecnologici”, ha concluso.
Sebastiano Gallitelli, segretario generale di Assopetroli, ha sottolineato che “il contesto italiano è particolare. I fornitori dei carburanti in Italia sono rappresentati in parte da grandi operatori verticalmente integrati ma anche da operatori privati di dimensioni medio-piccole. Dobbiamo anche valutare cosa succede alle imprese che si trovano nella parte intermedia della filiera, perché pagare due volte questo contributo per alcune imprese può essere anche motivo di uscita dal mercato. Le Pmi non sono in condizioni di poter operare efficacemente sui mercati finanziari. In più, serve coerenza tra Ets, Red e stop ai motori termici al 2035. E semplificazioni per le piccole e medie imprese”.
Stefania Crotta, DG Programmi e incentivi finanziari del Mase, ha sottolineato he il Fondo sociale per il clima è uno “strumento importante ma non risolutivo”, perché “ha un perimetro molto ben definito dal regolamento 955 del 2023, che prevede benefici fiscali per soggetti vulnerabili, famiglie, individui oppure microimprese. Dovremmo trovare delle misure addizionali e complementari che aiutino il mondo produttivo ad affrontare questa ulteriore normativa”, ha detto. Dopo una “consultazione ampia con cittadini e stakeholder, abbiamo predisposto 12 indicazioni di piano che sono state pubblicate nella terza fase di consultazione. Quindi abbiamo attivato il confronto politico. Abbiamo avuto la possibilità di confrontarci in primis col ministro, la sua segreteria tecnica e gli uffici di gabinetto, e successivamente direttamente con la presidente del consiglio e i ministri potenzialmente interessati al tema. L’indicazione principali – ha detto – è stata di aumentare l'impatto. Un’indicazione molto forte e molto importante perché forse il numero di interventi che avevamo previsto era eccessivo. Quindi da 12 siamo scesi a quattro. Siamo riusciti ad articolare i 9,3 miliardi di euro dando il 50% al settore dei trasporti, il 49% al settore edilizia (34% a misure strutturali e 15% a misure temporanee) e l'1% all'assistenza tecnica. Dopo il passaggio al consiglio dei ministri del 4 agosto abbiamo trasmesso il piano informalmente a Bruxelles. L'11 settembre ci hanno mandato delle osservazioni, alcune tecniche riguardanti i singoli capitoli del piano che al momento abbiamo recepito quasi interamente, e alcune invece un po' più politiche relative al fatto che si aspettano che il piano introduca anche delle riforme strutturali, cosa che noi non abbiamo ripercorso perché non volevamo ripetere il Pnrr. Per le famiglie siamo tra i 20 e i 25.000 euro di Isee, per le microimprese avevamo ipotizzato l'indicatore della spesa energetica sul fatturato, ce l'hanno fatto cambiare, speriamo che adesso vada bene: l'indicatore sarà spesa energetica su margine operativo lordo e il riferimento è sopra l'8%. È una modifica su cui non c'è stata negoziazione. Speriamo di avere il via libera il 15 e il 16 dicembre, quando avremo il confronto a Bruxelles con la DG di competenza (Empli) accompagnata dalla DG Energia che è la più ostica. Speriamo – ha concluso – di poter inviare il piano in via ufficiale entro il 2025”.
Luigi Gabriele, presidente di consumerismo, si è chiesto “che vuol dire essere vulnerabile o non vulnerabile? Perché voi pensate che se guadagnate 250.000 euro l’anno non potete essere vulnerabili dall'oggi al domani? Sono estremamente preoccupato, preoccupatissimo. Noi non risparmiamo per muoverci, riscaldarci e fare altre cose. I soldi li continuiamo a spendere, ma quello che viene a mancare sono le risorse per fare tutto il resto”.
Per Katiuscia Eroe di Legambiente “siamo in una situazione di grande emergenza. Siamo tutti responsabili, non soltanto le imprese, ma anche i singoli cittadini, e la sfida è fare in modo che questa tassa si trasformi in un contributo per il paese. Nessuno deve perdere, nessuno può essere lasciato indietro. Abbiamo presentato uno studio secondo cui, in maniera cautelativa, le famiglie avranno un aumento rispetto ai propri consumi energetici di almeno 230 euro l'anno. Se proviamo a ragionare sulla sostituzione delle caldaie a gas con politiche di elettrificazione con politiche di accesso alle famiglie alle pompe di calore, possiamo creare politiche strutturali che possono aiutare famiglie e imprese”.
Monica Tommasi, presidente Amici della Terra, ha ricordato il tema della recente conferenza dell’associazione, sulla necessità di resettare le politiche europee sul clima, finora dimostratesi inefficaci e contraddittorie (v. Staffetta 27/11).