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Illegalità, il salto di qualità del Nordest

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Sono pesantissime le accuse contenute nella lettera che abbiamo anticipato venerdì sul sito della Staffetta e che oggi pubblichiamo anche sul pdf a proposito di ciò che sta accadendo nel Nordest nella distribuzione dei prodotti petroliferi. Una lettera non anonima, ma firmata da un operatore presente in quella zona che giustamente vuole e deve restare incognito. Un salto di qualità nella conoscenza di un fenomeno di cui la Staffetta da anni registra il dilagare in tutto il Paese, nonostante gli sforzi messi in atto dalle associazioni di categoria e dalle istituzioni per cercare di contenerlo e di reprimerlo.

Per quel che riguarda il Nordest quello che emerge è infatti un quadro preoccupante. Una parte importante del Paese dove il fenomeno non sarebbe più considerato un crimine e dove si è insediata in pianta stabile la malavita organizzata, trovando ormai, stando a quel che si legge nella lettera, accoglienza e appoggio in una vasta fascia di operatori locali. Al punto che alla domanda su quanti comprano ancora sul mercato ordinario, quello legale, alternativo al mercato parallelo criminale, la risposta è “una minoranza”. Con il malaffare che consente “ampi margini” e rende “ebbri del facile denaro”, con cui non solo si sottraggono allo Stato ingenti introiti ma, quel che è peggio, si finanziano camorra, ‘ndrangheta, mafia e terrorismo. E gli asset di chi non ci sta trovano acquirenti a prezzi maggiorati.

C'è di tutto e a tutti i livelli: depositi di aziende storiche, compagnie, esponenti dei sindacati dei gestori, consorzi di acquisto. Mele marce anche all'interno delle associazioni. Di fatto con la sensazione e/o la consapevolezza da parte degli operatori onesti di essere stati abbandonati dalle istituzioni e che non ci sia più alcuna barriera in grado di difendere lo Stato di diritto. Con gravissimi rischi per non chi ci sta e ha il coraggio di denunciare. Al punto da dover viaggiare sotto scorta, lui e la famiglia.

Con una serie di domande accorate rivolte al lettore da parte dell'autore della lettera: cosa devo fare? quanto posso ancora andare avanti in questo stato di cose? e riuscire a far quadrare i conti lavorando onestamente? continuare a raccogliere le sfide? oppure vendere l'azienda? E altresì un'accusa ben precisa a operatori e politici che non si attivano e da considerare né più né meno che alla stregua di complici, con la richiesta di punire (come?) chi alimenta il giro. E con il triplice invito, per molti versi commovente, a denunciare, a lavorare onestamente e “a fermarsi un attimo a parlare con la propria coscienza prima di ordinare l'ennesima autobotte al mercato parallelo”.

Se così stanno le cose, evidentemente quello che è stato fatto in questi anni per contenere e reprimere l'illegalità non è sufficiente. Di certo, prendendo esempio da quello che si sta facendo nel settore del Gpl per ritornare alla piena legalità, ci vuole più sinergia tra tutte le forze ancora oneste (v. Staffetta 29/03). Purtroppo il problema non rientra nel contratto dell'attuale Governo, a cui sfuggono le dimensioni e le conseguenze del fenomeno, e che ha addirittura lasciato morire il tavolo istituito presso il Mef nel 2016, di cui era responsabile il sottosegretario Paola De Micheli, e da cui erano scaturiti importanti interventi legislativi e normativi.

Una “distrazione” della politica facilitata anche dal fatto che apparentemente sembrano non esserci vittime – fatta eccezione per le aziende colpite dalla concorrenza sleale e per l'erario. Una distrazione tanto più grave in quanto manda indirettamente un segnale di lassismo, di indifferenza, che si trasforma in un incentivo a gettarsi nelle braccia di criminali che – come dimostrano diverse indagini – restano sostanzialmente impuniti.

La lettera che abbiamo ricevuto descrive nella sua eloquente essenzialità un salto di qualità del fenomeno con una serie di messaggi che non possono essere ignorati da chi ha ancora a cuore il futuro di questo settore e di questo paese. O dobbiamo aspettare che qualcuno ci lasci la pelle?



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