La decisione del Gip del tribunale di Siracusa che venerdì, su richiesta della Procura, ha disposto il sequestro (per ora senza effetti operativi) delle raffinerie di Augusta della Esso e di Priolo della Lukoil (ex Erg) si presta come sempre a differenti chiavi di lettura. Quella innanzitutto dei diretti interessati che sembrano essere stati colti di sorpresa nonostante la decisione abbia alle spalle mesi e mesi di indagini e sarebbe basata sui risultati di una consulenza tecnica di un gruppo di esperti guidati dal prof. Mauro Sanna che negli anni scorsi si era occupato anche dei controlli ambientali sul Centro Oli di Viggiano in Basilicata. Sorpresa dovuta alla convinzione, per quel che riguarda sia la Esso che, per gli anni che la riguardano, la Lukoil, di aver sempre operato nel rispetto della normativa vigente e delle autorizzazioni rilasciate dalle istituzioni centrali e locali competenti. Parliamo nel caso della Esso, come ricorda Davide Tabarelli in un commento su
Il Mattino di Napoli, della compagnia petrolifera privata più importante al mondo, una delle società industriali all'avanguardia da sempre nella ricerca di nuove tecnologie, anche nella lotta all'inquinamento. L'altra invece, quella degli ambientalisti, che, facendo di ogni erba un fascio, e scomodando le “bombe ecologiche” a loro dire analoghe di Milazzo e Gela, tendono a dipingere la Sicilia come un'altra “terra dei fuochi” dove (si veda la cronaca di Palermo de
la Repubblica di sabato) si vive tra i veleni e le bonifiche sono all'anno zero o come ”il granello di sabbia” (si veda
Il Fatto Quotidiano di domenica) di un inquinamento ambientale che avviluppa tutto il Paese “un mostro da 250 miliardi di danni con 15.000 siti da bonificare per 7.300 chilometri quadrati”. Una situazione che, se risultasse confermata, chiamerebbe direttamente in causa il ministro dell'Ambiente e le sue istituzione collaterali competenti in materia. Anche in questo caso, verrebbe da dire, un potere giudiziario che si sostituisce, sotto l'aspetto formale e nell'esigenza di dare in qualche modo “una risposta al popolo”, alla “politica senza potere”, secondo la terribile definizione che ne ha dato Ernesto Galli della Loggia nell'editoriale di sabato del
Corriere della Sera. Con il rischio, nel caso delle due raffinerie siciliane, che alla fine gli azionisti decidano di chiudere o di passare la mano.
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